Nel libro incentrato sul paradigma dell'universalità del lockdown imposto a miliardi di persone nel mondo si ripercorre la storia della città con la biografia dei suoi abitanti
AGI - Davanti al cimitero di Nembro c’è una lapide in memoria dei caduti. Porta 126 nomi per la Prima guerra mondiale e 98 per la Seconda. Di Covid-19, tra la fine di febbraio e aprile 2020,Gigi Riva nel suo ultimo libro, “Il più crudele dei mesi”
. Un mese di silenzio, imposto dal lockdown, squarciato solo dalle sirene delle ambulanze. Riva ne conta sette in una telefonata di un quarto d’ora. Un comune piccolo, pieno di vita, dove tutti si conoscono o sono volti conosciuti, che si scopre - la sera del 23 febbraio - uno dei primi focolai d’Italia. Fino ad allora il coronavirus sembrava tanto lontano da essere rilegato alle cronache degli esteri.
Riva, per anni inviato di guerra, racconta la pandemia che ha sconvolto il paesino della Valle Seriana. E lo fa perché è il suo paesino. Qui è nato e qui ha trascorso la giovinezza. La sua vita si era intrecciata con tante di quelle delle vittime. E il libro è anche un modo di onorarne la memoria. E rendere pubbliche le testimonianze dei vivi.
Nel libro si ripercorre con la letteratura del vero la storia della città con la biografia dei suoi abitanti . Di quelli “caduti” nel “più crudele dei mesi”. Ma anche l’eroismo quotidiano, la tenacia e l’abnegazione di chi ha voluto dedicarsi al prossimo nel momento della solitudine. Dal sindaco al parroco, dagli infermieri ai medici di famiglia. Quelli che hanno tenuto accesa la fiaccola della speranza nella notte più buia. In attesa della nuova alba.